Il « ceppo » di Natale e i diamanti del granduca Ferdinando e dei fratelli

Sabato 24 dicembre 1622, vigilia del Santo Natale, la famiglia dei granduchi Medici trascorse la giornata nei modi consueti, come accadeva da anni e anni. Forse nella circostanza avvertì la mancanza del capofamiglia, il giovane Cosimo II, morto nel febbraio 1621, poco più che trentenne, per una forma di consunzione o tubercolosi. Ma non lo dette a vedere o almeno non ne lasciò testimonianza il Diario di Cesare Tinghi, cerimoniere di corte. D’altronde il figlio maggiore Ferdinando, che aveva circa undici anni e gli orfani bambini, per forza delle consuetudini, vivevano secondo il ruolo che era stato loro destinato, mentre facevano da reggenti la nonna Cristina di Lorena e la madre Maria Maddalena d’Austria. Non era previsto che gli eredi di una casata fossero esentati dal peso del titolo e dai cerimoniali, così impersonali e rigidi, che la loro pratica doveva lasciare poco spazio al dispiegarsi del dolore e delle incertezze. Quel 24 dicembre pertanto la famiglia uscì da Palazzo Pitti e fece le devozioni in città con il solito piccolo corteo di carrozze: Ferdinando stette nella prima con la madre, i fratelli nella seconda con il principe zio don Lorenzo e il seguito della corte nella terza carrozza. Tutti, da buoni cristiani, ascoltarono la messa alla SS. Annunziata (consuetudine del sabato), stettero nella cappella della Madonna “a soliti” iniginocchiatoi ... e poi se ne tornarono a Palazzo per adempiere ad altri obblighi, oltre che a “desinare” e a confessarsi.
La vigilia di Natale però era un giorno particolare e – come riporta il Tinghi – “circa alle ore dua della notte [I], congregate tutte tre le altezze et tutte l’eccellenze et fratelli et sorelle di Sua Altezza Serenissima nelle camere della Serenissima Madre, fecero il ceppo con molto gusto loro, et avevono fatto venire Mic(h)ele Bandini et il dotore Ciconini, uno vestito di desiderio e l’altro da ceppo, disero di belli motti a que’ signorini del ceppo et fu fatto una bella oratione del p. Leopoldo in lode del ceppo che fece stupire ogni uno; et a suo tenpo et luogho si dirà la qualità et la quantità delle cose che fece il ceppo ...”.
Il ceppo allora poteva essere il ciocco benedetto che in alcune parti d’Italia si bruciava la sera del Natale, o un modo di dire riferito all’andare a pranzo dai parenti o comunque l’oggetto che allora rappresentava al meglio la festa del Natale. I bambini lo battevano per chiedere e far uscire i doni, oggetti di quel “desiderio” che nel 1622 era stato il travestimento di Michele Bandini compagno di Iacopo Cicognini, notaio, poeta e drammaturgo di Castrocaro (1577), sul quale si sa poco se non che fu amico e artista preferito della corte granducale di allora. Sarebbe deceduto a Firenze nel 1633.

Cosa portò il ceppo al giovane Ferdinando e ai suoi fratelli dopo i motti scherzosi, i travestimenti e le risate?
Dei regali il Tinghi scrive un elenco accurato e per certi versi sorprendente, anche se non troppo nel caso delle casate regnanti. Non si trattava infatti di costosi giocattoli per dei principini, ma di gioielli e di oggetti di gran valore, di quelli che i Medici amavano collezionare, essendo una famiglia tra le più ricche d’Europa attenta a darne dimostrazione. Erano, si intuisce, parte del cerimoniale, quasi un modello ‘educativo’ e insieme il contenuto di una piccola cassaforte consegnata dai parenti adulti (nonna, madre, zio Lorenzo e zia Caterina duchessa di Mantova) a ciascun ragazzo per farlo apprezzare e custodire come parte delle ricchezze concesse ai Medici per disegno superiore.
L’elenco dei regali infatti riporta, tra le molte cose, un buon numero di diamanti. Nel ceppo fatto al giovane Ferdinando (il più considerato) si legge:

“Un cintillio [sic] d’aciaro [acciaio] pieno di diamanti
Un gioiello d’oro a pennino pieno di diamanti con un rubino grande
Una abotonatura per un vestito che ogni bottone è un diamante
[...] Cento bottoni con diamanti per mettere a un vestito
[...] un gioiello per mettere a un cap(p)ello pieno di diamanti che v’è una catena d’oro sopra”

E ai fratelli Giovan Carlo, Mattias, Francesco e Leopoldo vennero donati:
“Un pennino d’oro tutto pieno di diamanti [...]
Un gioiello fatto a uso di gillio [giglio] sopravi una corona piena di diamanti [...]
Un gioiello a uso di pennino con rubini e diamanti
Un atacagniolo [un gingillo da attaccare] d’oro con diamanti et rubini [...]
Uno anello con un diamante
Un atacagniolo d’oro con diamante [...]
Un anello d’oro con diamante [...]
Un cinturino da cap(p)ello con diamanti [...]
Un cinturino di diamanti per ca(p)pello” [...].

Si leggono poi nell’elenco altri tipi di regali preziosi: le guantiere d’argento, le mesciroba d’argento per lavarsi le mani, il velluto in pezza per fare dei vestiti, il tabì (seta pesante) bianco e ricamato, le calze lunghe per Ferdinando, una palandrana, un oriolo, un libricino con coperta d’oro “straforato”, una tazza d’argento “straforata”, un astuccio d’oro, un crocifisso “entro un tabernacolo di pietra con il pie’ dorato”, un secondo crocifisso d’avorio eccetera ...

Gli oggetti di valore anche di genere comune (ad esempio i bottoni) e i soprammobili costituirono con il tempo il cosiddetto tesoro dei granduchi – del quale non sono rimaste che ridotte collezioni custodite nel museo degli argenti di Palazzo Pitti e in alcuni edifici pubblici fiorentini.
I diamanti, che nel 1622 furono parte del ceppo dei ragazzi Medici, sono dispersi; forse vennero donati a loro volta, o alienati o forse presi da mani ignote appartenenti anche a dei sovrani che con questi arricchirono un altro ambizioso tesoro personale ...

Paola Ircani Menichini, 12 dicembre 2023.
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